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Medicina, ecco perché il numero chiuso è un falso problema

L’abolizione del numero chiuso a Medicina non risolve la carenza di specialisti in Italia, dove si preferiscono specializzazioni più redditizie come dermatologia.

La recente discussione sull’abolizione del numero chiuso per l’accesso alla facoltà di Medicina ha sollevato un vespaio di polemiche e preoccupazioni. Alcuni sostengono che questa misura potrebbe essere la soluzione alla cronica carenza di medici in Italia, ma un’analisi più approfondita rivela che il problema non risiede tanto nel numero di medici, quanto nella distribuzione delle specializzazioni e nella loro attrattività.

In Italia, il numero di medici per abitante non è inferiore rispetto ad altri paesi europei. Secondo i dati Eurostat, nel 2021 l’Italia contava 243.000 medici, posizionandosi al secondo posto in valori assoluti nell’Unione Europea. Tuttavia, il rapporto tra medici e popolazione colloca l’Italia al 14° posto nell’UE, con 410,4 medici ogni 100.000 abitanti. Questo dato, sebbene non eccellente, non giustifica di per sé una crisi sanitaria.

Il vero nodo gordiano è la carenza di medici specialisti. Studi recenti hanno evidenziato che entro il 2025 mancheranno almeno 16.500 medici specialisti, con una carenza maggiore per i medici dell’emergenza e i pediatri. Questa situazione è aggravata dal fatto che molti medici in attività sono prossimi alla pensione, con una percentuale significativa di medici di età superiore ai 55 anni. La situazione è ulteriormente complicata dalla distribuzione geografica non omogenea dei medici, con alcune regioni che soffrono di una carenza più marcata.

Il problema si aggrava se si considera la tendenza dei neolaureati a specializzarsi in ambiti più redditizi, come la dermatologia, piuttosto che in quelli più necessari ma meno remunerativi, come la medicina d’emergenza-urgenza. Questa tendenza è alimentata da un sistema che premia le specializzazioni più lucrative, lasciando scoperte quelle essenziali per il funzionamento della sanità pubblica.

L’abolizione del numero chiuso, quindi, non affronta il problema alla radice. Anzi, potrebbe addirittura peggiorare la situazione, aumentando il numero di laureati in Medicina che poi non trovano posto nelle scuole di specializzazione o che scelgono percorsi più remunerativi, aggravando la carenza di specialisti in settori critici. Inoltre, un aumento indiscriminato degli accessi ai corsi di laurea in Medicina senza un parallelo incremento della qualità della formazione e delle opportunità di specializzazione potrebbe compromettere la qualità dell’assistenza sanitaria.

In conclusione, lo stop al numero chiuso appare come una soluzione superficiale e potenzialmente dannosa. La sfida per il sistema sanitario italiano è quella di garantire una distribuzione equa delle specializzazioni mediche, incentivando i percorsi meno remunerativi ma fondamentali per la salute pubblica, e di assicurare una formazione di qualità ai futuri medici. Solo così sarà possibile affrontare efficacemente la carenza di medici specialisti e garantire un’assistenza sanitaria adeguata a tutti i cittadini.

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