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Spazio, il satellite ERS-2 è rientrato: ecco dov’è precipitato

Il satellite ERS-2 dell’ESA è rientrato nell’Oceano Pacifico settentrionale, vicino ad Alaska e Hawaii, il 21 febbraio alle 17:17 UTC, dopo 13 anni di servizio.

L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha confermato il rientro in atmosfera del satellite ERS-2, avvenuto nell’Oceano Pacifico settentrionale tra Alaska e Hawaii alle 17:17 UTC, oggi 21 febbraio. Questo evento ha segnato la fine di un ciclo durato ben 13 anni. Lanciato nel 1995, il satellite ERS-2 ha svolto un ruolo cruciale nella raccolta di dati sulle calotte polari, sugli oceani e sulle superfici terrestri, oltre ad aver monitorato disastri naturali come inondazioni e terremoti in regioni remote. Nonostante la fine delle sue operazioni attive, i dati raccolti continuano ad essere di rilevanza e utilità ancora oggi.

Nel 2011, l’ESA ha preso la decisione di porre termine alle operazioni del satellite e avviare la sua discesa nell’atmosfera al fine di prevenire che si trasformasse in un frammento di detriti spaziali in orbita attorno al pianeta. Durante il luglio e l’agosto del 2011, il satellite ha eseguito ben 66 manovre di deorbitazione, consumando il carburante e riducendo la sua altitudine, prima di essere posizionato su una traiettoria di avvicinamento graduale alla Terra.

Una volta esaurito il carburante, il satellite presentava una massa stimata di 2.294 chilogrammi, dimensioni che lo equiparano ad altri detriti spaziali che rientrano nell’atmosfera terrestre ogni settimana, secondo l’ESA. Le previsioni suggerivano che, a circa 80 chilometri sopra la superficie terrestre, il satellite si sarebbe frammentato, con la maggior parte dei suoi pezzi bruciati durante il rientro in atmosfera.

Credit © HEO Robotics

L’evento segna la conclusione di un’importante missione spaziale, che ha permesso di raccogliere dati di fondamentale importanza per la comprensione e l’analisi di varie dinamiche terrestri. Con il rientro del satellite ERS-2, l’ESA ha compiuto un passo significativo nel garantire la sicurezza e la sostenibilità dello spazio extra-atmosferico, prevenendo la potenziale formazione di detriti spaziali che avrebbero potuto costituire un rischio per le future missioni spaziali e la sicurezza delle attività orbitanti intorno alla Terra.

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